Don Giovanni Momigli

Assemblea Confcooperative Toscana Nord 4 marzo 2024

L’Arcivescovo, Cardinale Giuseppe Betori, oggi impegnato nella Visita ad limina dei Vescovi toscani con Papa Francesco, mi ha incaricato di salutare organizzatori, partecipanti e ospiti e di augurare a tutti buon lavoro.

Il tema di questo vostro incontro è impegnativo: Lavoro, Comunità, Futuro. La funzione sociale della cooperazione. Un tema che esige uno sguardo attento sulla realtà e su noi stessi, come persone e come soggetti collettivi. Uno sguardo capace di vedere i vari elementi di criticità, ma anche di saper scorgere i fattori positivi sui quali lavorare per crescere in maturità personale e per essere coprotagonisti del futuro.

Le dinamiche e i fattori decisivi del contesto culturale, sociale ed economico in cui viviamo costituiscono il necessario punto di partenza di ogni riflessione, assieme alla consapevolezza che è necessario coniugare i valori con le trasformazioni in atto e con quelle che già vediamo all’orizzonte.

Il movimento cooperativo nasce dal basso, da istanze di comunità, avendo interessi condivisi col territorio. Il contesto sociale è profondamente mutato e i processi e l’organizzazione del lavoro vanno costantemente innovati: questo pone questioni e sfide nuove e ineludibili anche alla cooperazione.

Basta pensare, ad esempio, che siamo alla vigilia di un cambiamento profondo dato dall’intelligenza artificiale: cambierà anche il nostro modo di lavorare e di vivere nelle imprese; la capacità di acquisire nuove conoscenze sarà più preziosa della conoscenza stessa; si faranno lavori che ancora non esistono, caratterizzati dalla collaborazione tra persona e macchina.

Se non gestiamo secondo criteri etici e di giustizia sociale le transizioni in atto, gli effetti negativi potrebbero risultare assai complicati, non solo per il mondo del lavoro, compreso quello cooperativistico, ma anche per la capacità di coesione – direi pure sul piano democratico – a livello territoriale e a livello globale.

Occorre investire in progettualità, in formazione e innovazione. Ma bisogna anche investire sull’umano e in socialità. I presidi sociali e i luoghi aggregativi, anche identitari, che hanno svolto un ruolo essenziale per la crescita personale e della responsabilità civica collettiva, stanno scomparendo o comunque non riescono più a svolgere il compito aggregativo e educativo.

Nei circoli, nelle associazioni e nelle stesse parrocchie, ormai i servizi hanno preso il sopravvento sulle relazioni e i numeri hanno sostituito i volti.

In questo contesto, la sfida che abbiamo davanti non è solo quella fondamentale del lavoro. Come movimento cooperativo, ad esempio, siete chiamati a declinare concretamente nell’oggi della storia i valori da cui siete nati, essenziali per affrontare le questioni sul tappeto, per salvaguardare e valorizzare l’umano, per dare nuova cittadinanza alla dimensione etica.

Salvaguardare l’umano, significa esaltare il valore incomparabile di ogni persona, ma anche sapersi accostare all’inevitabile precarietà della vita; sapersi confrontare con la nostra finitezza e il nostro desiderio di infinito.

Salvaguardare e valorizzare l’umano significa coltivare il senso del mistero, inteso non come ciò che è incomprensibile, ma come ciò che è inesauribile nella comprensione. La persona stessa è mistero, non perché impossibile da comprendere, ma perché non finiamo mai di comprendere.

La realtà della morte e il senso del mistero interrogano la fede e sono interrogati dalla fede. La fede cristiana ci illumina nel nostro porsi nei confronti della vita, nei confronti della morte e nel guardare oltre la morte.

Tutti sappiamo che la morte fa parte del nostro orizzonte, ma interiormente non lo sentiamo, perché siamo fatti per l’eternità.

Dobbiamo sempre tener presente che la fede non è solo guardare a Gesù Cristo per il suo messaggio di umana fraternità e di amore, ma anche e prima di tutto riferirsi al suo essere Figlio di Dio e alla sua morte e risurrezione: «Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini» (1 Cor 15,19).

Precarietà della vita, senso del mistero, realtà della morte, desiderio di eternità, sono fortemente presenti in questa assemblea, che si svolge nel giorno della morte, prematura e inaspettata, di Claudia Fiaschi, donna appassionata e incisiva che lascia un segno forte nel mondo cooperativo e socio-politico.

La morte di Claudia, oltre a suscitare domande, muovere la nostra preghiera e la nostra vicinanza alla famiglia, mi pare sia forte monito ad affrontare le grandi e piccole questioni senza trascurare la dimensione umana, pensando davvero al valore delle persone. E, da credenti, ci spinge a meditare ulteriormente sulle parole di Gesù: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno» (Gv 11,25-26).

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L’intervento si è concluso con la lettura di un brano del vangelo di Giovanni, un breve commento e una preghiera per Claudia: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: «Vado a prepararvi un posto»? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,1-6).

Don Momigli

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